Mentre risaliamo la strada che ci porterà al confine con la Bosnia siamo letteralmente il bersaglio preferito di auto, taxi e camion, che da Dubrovnik risalgono nervosi il versante che divide la Croazia dal territorio bosniaco. Abbiamo avuto la grande idea di cominciare il nostro viaggio così: su un 14% di tornanti al buio. È comprensibile che ci odino no?
Ad essere più precisi, tutto è cominciato dodici ore prima, partendo in furgone da Bologna fino alla città croata resa ora celeberrima dalla serie TV Game of Thrones. Dubrovnik è veramente stupenda, ma avremo modo di visitarla con calma al nostro ritorno. Il tempo tecnico di tirare giù di corsa le bici e sistemarle con tutto quello che serve per otto giorni di bikepacking, accendere le luci e via.
Ci ritroviamo a Ivanica, primo paese bosniaco passato il confine con la Croazia. Stanchi dalla lunga traversata, siamo però pronti per vedere cosa ci offriranno i Balcani. Sulla carta qualche anticipazione ce l’abbiamo già: il menù delle giornate infatti è presto servito. Salvo il primo giorno, le pedalate partiranno con ascese importanti. Seguirà contorno di mangia-bevi facendo finta che spiani e arriveremo quasi sempre in placida discesa.
Da Ivanica si comincia una lunga introduzione nel mondo slavo attraverso il Ciro Trail, un percorso a terreno misto che ripercorre l’antica ferrovia austro-ungarica che collegava Dubrovnik e Mostar. Apprezzerete le grandi distese verdi circondate da dolci e alti rilievi, quanto le piccole e numerose gallerie scavate nella roccia.
Inseguiamo la traccia in questo deserto verde fino alla città di Mostar, catapultati in un turismo se non di massa quantomeno massiccio, per poi risalire fin su a quasi 1.160 metri di quota in mezzo alle Alpi Dinariche. Incontriamo pastori gentili e accoglienti, con i quali scambiare una manciata di parole in inglese e un’infinità di racconti a gesti. Attraversiamo forestali spacciate per comuni strade provinciali immerse nel verde per chilometri e chilometri, che spesso ci portano ad incontrare luoghi davvero insoliti. È il caso di Babin Do, il comprensorio sciistico della Bjelasnica nato per le Olimpiadi dell’84, dove gli edifici si distinguono per il loro stile brutalista squadrato. È anche il caso di Kalinovik, ridente paesino – si fa per dire – della Repubblica Srpka e che scopriamo essere città natale del macellaio di Bosnia: Radko Mladic.
Altre volte invece le lunghe ascese ti portano in scenari da vera steppa mongola come i grandi altipiani verso Lukomir o le strade del Parco Nazionale Sutjeska, circondate da montagne che superano volentieri i 1.700 metri di quota.
Incontriamo più e più volte i segnali della Via Dinarica, conosciuta come il cammino più bello dei Balcani e ci ritroviamo alle volte davanti ai grandi Spomenik, i monumenti dell’ex Jugoslavia, dalle dimensioni imponenti. A Tjentište ci ritroviamo nella Valle degli Eroi, con il suo spomenik in cemento armato davvero molto suggestivo.
Salvo qualche caso, qui nessuno parla inglese se non in maniera molto limitata. I Bosniaci però compensano questa mancanza con un grande senso dell’ospitalità e dell’aiuto reciproco: dai pastori sugli altopiani di Mostar che ci hanno accolto nella loro casa in mezzo ad un altopiano favoloso e che sono stati una vera manna scesa dal cielo, alla famiglia in festa durante un caldo pranzo domenicale alla quale avevamo chiesto solo dell’acqua.
Consigli al volo:
Molte strade sono sterrate, ed è consigliabile girare con copertoni da almeno 40mm in su se volete stare comodi e godervi i sentieri.
Portatevi molta acqua. Sebbene ci siano molte fontane – Ciro Trail escluso dove l’acqua è quasi assente – in alcune zone è sconsigliato rifornirsi dalla fonte.
Evitate campeggio libero; oltre al pericolo mine, la Bosnia è la casa dolce casa dell’orso.
Il roaming italiano non funziona. Potete farvi una SIM, oppure affidarvi alle connessioni WiFi. A parte i piccolissimi paesini, molti bar o strutture ricettive offrono liberamente la loro rete.
Contanti: euro ben accetto, ma occhio al tasso di cambio. il POS non è molto usato e quando c’è, ti dicono che non c’è. Prelevate contanti in moneta locale.